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Fase 2 e Sindrome della Capanna

“Cabin Fever” o, come è stata tradotta in italiano, “sindrome della capanna” è un’espressione che esiste da oltre 100 anni. In origine, descriveva i sentimenti irritabili delle persone che vivevano in campagna e che erano bloccate nelle loro case a causa del freddo invernale e della neve.

Senza telefoni, posta, e-mail o social media, la gente di campagna a quei tempi viveva spesso isolata per settimane o mesi. Le loro uniche interazioni sociali erano con le persone con cui vivevano. Nel tempo, le persone diventavano irrequiete e irritabili. Si sentivano male per la solitudine.
In tempi di Pandemia, il concetto è stato rispolverato dalla Società Italiana di Psichiatria e ne è stato messo in risalto un aspetto che forse può assomigliare più a sintomi di tipo agorafobico (paura degli spazi aperti come le piazze che implicano anche la presenza di tante persone). Viene dunque evidenziata principalmente la difficoltà a ri-uscire di casa e affrontare una vita fatta di una nuova routine.
In questa singolare circostanza molte persone stanno sperimentando una sorta di “Cabin Fever” moderna.
La “sindrome della capanna” non è una diagnosi ufficiale, non esiste sul DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), ma è una costellazione di sintomi, anche se non ben definita, abbastanza conosciuta dai professionisti della salute mentale, piuttosto diffusa dopo un periodo di confinamento e che può rappresentare una seria minaccia per il nostro benessere generale. Dopotutto, da un punto di vista evoluzionistico, uno dei principali bisogni esistenziali dell’Homo sapiens è il bisogno di appartenere. Tutti noi siamo animali sociali. Dai tempi del paleolitico in poi, abbiamo bisogno di contatti regolari e cooperazione con altri individui ai fini della sopravvivenza.
In caso contrario, l’isolamento influenzerà negativamente la nostra mente e il nostro corpo, come possono testimoniare molti astronauti ed esploratori di stazioni polari. Naturalmente, fattori di personalità, fattori culturali e condizioni economiche influenzeranno il modo in cui verrà gestito l’isolamento sociale.

Come si manifesta la “sindrome della capanna”

I “sintomi” comprendono sentimenti di irrequietezza, irritabilità, letargia, impazienza, tristezza, difficoltà di concentrazione, diminuzione della motivazione, alterazioni nello stile alimentare, ecc. Spesso provoca disturbi del sonno, le persone possono dormire troppo poco o troppo. È probabile che le persone ansiose diventino più ansiose, che le persone depresse diventino più depresse.
Le persone estroverse e che avevano una vita sociale molto attiva si sentono turbate e stressate. Alcune persone iniziano a diventare diffidenti, talvolta paranoiche, nei confronti dei conviventi, delle notizie ufficiali e dei mezzi di informazione.
Purtroppo, L’OMS ha già segnalato che l’emergenza Covid-19 sta provocando un sensibile aumento di patologie come i disturbi d’ansia, la depressione e i disturbi del sonno, talvolta anche in forme gravi.
Le restrizioni della quarantena sono state già molto difficili da affrontare ma ora, entrati nella “fase 2”, molte persone si sentono bloccate tra la paura di ammalarsi e la paura di “impazzire” nel proprio isolamento.
Per molte settimane le mura domestiche sono state il nostro unico luogo sicuro e oggi il mondo esterno è percepito da alcuni ancora come pericoloso, per questo facciamo fatica a riacquisire le nostre vecchie routine. Le paure vanno dal rischio di ammalarsi a quello di contagiare i propri cari; dal timore di non ritrovare il mondo che conoscevamo e nel quale ci sapevamo destreggiare alla non accettazione delle nuove regole (mascherine, distanziamento sociale, ecc).
La chiave per resistere a questo momento difficile è controllare ciò che è possibile controllare.
Non possiamo controllare la pandemia, ma siamo in condizioni di controllare il modo in cui rispondiamo ad essa, ad es. obbedendo alle regole del distanziamento sociale.
Non possiamo controllare le emozioni provocate dalla “sindrome della capanna”, ma possiamo controllare ciò che facciamo tra le nostre quattro mura.

Come affrontare la “sindrome della capanna”

Stabilisci una routine: non avere dei piani aggiunge stress alla tua vita. Prima del coronavirus, avevi una routine anche se non c’erano le limitazioni dei decreti ministeriali. Crea il programma della tua giornata con i tempi per alzarti e andare a letto, i pasti, gli orari riservati ai progetti e quelli per mantenere i contatti con gli altri.
Esci: se vivi dove è sicuro fare passeggiate o uscire nel cortile, cerca di farlo per circa un’ora ogni giorno. Se tutto ciò che hai è un balcone, esci sul balcone. Se non lo hai, apri le finestre e respira l’aria fresca. L’esposizione alla luce del giorno può aiutare a regolare i cicli naturali del corpo e l’esercizio aiuta a rilasciare endorfine creando un effetto naturale benefico.
Riprendi gradualmente le attività: sei di fronte ad una nuova sfida, la sfida della ripartenza. “Fase 2″ non significa che puoi tornare al mondo com’era prima della pandemia, ma puoi imparare a conviverci attraverso una progressiva ripresa delle principali attività lavorative e sociali, ma senza tralasciare le prudenze sin qui adottate. Se non ti è possibile ripartire in tempi brevi, mantieni il contatto sociale telematicamente.
Mantieni le buone abitudini: conserva le abitudini positive avviate o riscoperte in quarantena. Continua a concederti dei momenti da dedicare ad attività appaganti e, se hai ancora abbastanza tempo a disposizione, realizza nuovi progetti (impara una lingua, fai un corso, realizza una ricetta, ecc.). Realizzare qualcosa ti farà sentire più soddisfatto di come hai trascorso la giornata.
Equilibrio tra il tempo in solitudine e il tempo in compagnia: se non puoi riprendere la routine lavorativa fuori casa, assicurati che ognuno di voi abbia del tempo da per stare da solo o per incontrare, con prudenza, qualche amico. Una convivenza forzata può essere impegnativa quanto una la solitudine prolungata. Ciò è particolarmente vero per i genitori che sono in servizio h24.
Accetta: ad oggi, nessuno è in grado di stabilire per quanto tempo dovremo mantenere la distanza sociale e proteggere noi stessi. Non vedere la fine rende questo periodo ancora più difficile.
Purtroppo, non abbiamo il controllo della durata della pandemia ma possiamo ridurre il nostro stress trovando un modo per accettare che, per un po’, le cose saranno così.
Affronta un giorno per volta. Respira. Perditi ascoltando della musica. Danza. Medita. Pratica yoga. Fai del tuo meglio per aiutarti a rimanere sufficientemente calmo in questo momento difficile.
Chiedi aiuto: nel caso sentissi di non riuscire a gestire da solo i tuoi pensieri o le tue emozioni, ricorda che è possibile chiedere un aiuto. Intraprendere un percorso psicoterapeutico può essere utile e talvolta necessario per affrontare le proprie difficoltà.  Il nostro Centro è a disposizione per accogliere le richieste di aiuto (anche online) con un team di Psicologi, Psicoterapeuti e Medici Psichiatri.
Presso in centro Psiconet è attivo anche un servizio di Psicoterapia e Consulenza Psichiatrica a tariffe solidali.
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