In un studio recente, alcuni ricercatori dell’Università della Pennsylvania, suggeriscono che i post di Facebook potrebbero prevedere se le persone soffrono di depressione sulla base delle parole utilizzate sulle loro pagine.
I risultati di questa indagine, pur sollevando importanti domande sulla privacy della salute delle persone, offrono un’opportunità per individuare precocemente i soggetti che potrebbero aver bisogno di aiuto.
Il team ha reclutato 683 soggetti che hanno avuto accesso ad un pronto soccorso e ha chiesto di analizzare le loro pagine di Facebook.
Di questi, 114 avevano una diagnosi di depressione e tornando indietro nei sei mesi che hanno preceduto la diagnosi, si è notato come i post di ciascun paziente potessero dare informazioni circa la loro salute mentale.
Parole come “lacrime”, “pianto”, “dolore”, “mancanza”, “odio” e “ugh” erano infatti più comuni nei post di persone successivamente diagnosticate depresse.
Inoltre, il gruppo di studio ha notato che le stesse persone utilizzavano più spesso “io” e “me” oltre a parole che riflettevano temi di solitudine, tristezza e ostilità.
Facebook, post e salute mentale.
Non è il primo studio a valutare se i post sui social media possano offrire indizi sui problemi di salute mentale. Facebook nel 2015 ha lanciato un programma consentendo alle persone di segnalare soggetti che mostrassero pensieri suicidari.
Altri studi hanno notato come anche il modo utilizzare altre piattaforme come Twitter e Instagram possano indicare depressione; per esempio, si è osservato che gli utenti depressi hanno maggiori probabilità di twittare durante le ore notturne o di utilizzare foto in bianco e nero su Instagram.
Depressione e suicidio sono entrambi in aumento negli Stati Uniti e i social media offrono l’opportunità di individuare persone che potrebbero aver bisogno di aiuto.
I ricercatori hanno detto che però un grosso ostacolo è rappresentato dalla privacy e per questo hanno lanciato la sfida agli sviluppatori e i policymaker suggerendo l’applicazione di un algoritmo che possa modificare i post sui social media in informazioni sanitarie protette mantenendo il diritto dei pazienti di rimanere autonomi nelle loro decisioni sanitarie.
Facebook language predicts depression in medical records , Johannes C. Eichstaedta, Robert J. Smithb, Raina M. Merchantb, Lyle H. Ungara, Patrick Crutchleya, Daniel Preot ¸iuc-Pietroa, David A. Aschb,d, and H. Andrew Schwartze