Stress e comfort food: alcune ricerche smentiscono che nei momenti difficili si cerchi consolazione nel proprio cibo preferito;
piuttosto, sempre secondo questi studi, si va alla ricerca di cibi nuovi.
La nozione di “comfort food” è propria del marketing di matrice Nordamericana.
Si tratta di cibo che dà conforto, come dice la traduzione letterale.
Cibo autentico, semplice, genuino e appagante, legato alle tradizioni, all’infanzia e alla famiglia. Ma qual è il comfort food?
Qui ovviamente entrano in gioco le differenze culturali. Gli americani, inventori del concetto di “comfort food”, stanno inventando solo di recente una loro propria cultura gastronomica.
Per loro sono comfort food il milk-shake, il pollo fritto e le patatine, tutti cibi che noi non vediamo di buon occhio dal punto di vista della loro salubrità/genuinità. Comunque, siccome viviamo in epoca di globalizzazione, semplifichiamo: un esempio di prodotto commerciale che ha basato la sua immagine internazionale sull’idea di comfort food è la Nutella.
Ora, primo punto:
è corretto supporre che il cibo “comfort” sia il preferito da tutti, in ogni circostanza e in ogni fase della vita? Ovvero: il cibo è principalmente conforto?
C’è chi ama andare nel solito ristorante di cucina casereccia e ordinare le solite pietanze; ma c’è anche chi preferisce esplorare sempre posti diversi, nuovi tipi di cucine, ricette insolite.
In generale, è probabile che ciascuno di noi in alcune circostanze si senta più portato per una soluzione e in altri casi più attratto dall’altra è ragionevole considerare che il cibo a un livello basilare risponde all’esigenza di nutrirsi per sopravvivere, mentre ad un maggiore livello di complessità – dove entrano in gioco anche il carattere, le influenze ambientali, la cultura etc. – attraverso il cibo si possono soddisfare motivazioni e bisogni di altra natura.
Ad esempio, ma è solo una delle possibilità, il bisogno di ricevere conforto; ed è senz’altro vero che fin dalla nascita cibo e conforto ci vengono forniti contemporaneamente con l’allattamento.
Ma altrettanto importante è il bisogno di appagare la curiosità, di esplorare, di conoscere e scoprire cose nuove.
E un altro bisogno fondamentale, tipicamente umano, è quello di condividere le esperienze, ragione per cui il pasto nella nostra specie tende ad essere un momento sociale.
Il cibo, insomma, può essere conforto, ma anche scoperta, condivisione, e probabilmente tante altre cose.
Quello che ciascuno di noi cerca nel cibo dipende dalle nostre specifiche caratteristiche biologiche e dal nostro metabolismo, ma anche dal carattere, dai significati che il cibo ha assunto nella nostra famiglia di origine e nella nostra educazione, dalle valenze che vengono messe in risalto nella nostra cultura di appartenenza, dalla comunicazione di massa e dalle mode, dalle nostre esigenze del momento, etc. etc.
Secondo punto:
quando uno è stressato, che cibo tenderà a preferire? Intuitivamente, sulla base di quanto detto finora, ci sembra logico pensare proprio al comfort food come soluzione.
Per usare un esempio concreto, c’è una famosa scena del film “Bianca” in cui Nanni Moretti non riesce a riposare accanto alla donna di cui si è innamorato, non trova una posizione confortevole nel letto, sembra proprio che non riesca a tollerare quel momento di intimità; allora si alza e, nudo e disperato, affronta solitario un gigantesco barattolo di Nutella.
Eppure, la ricerca citata sembra contraddire proprio questa convinzione di buon senso comune; per rimanere sul concreto, secondo la ricerca, Nanni Moretti avrebbe dovuto piuttosto vestirsi ed uscire alla disperata ricerca di un ristorante thailandese.
Come mai i conti non tornano?
Io sospetto che gli equivoci nascano dalla eccessiva indefinitezza con cui si utilizza il concetto di “stress“.
Lo stress è un dono di madre natura, una risposta naturale, fisiologica ed utile alla sopravvivenza, che serve di attivare risorse nei momenti in cui si deve affrontare una difficoltà.
Molto spesso però la parola stress viene utilizzata come un sinonimo di disagio; in tal caso diventa necessario chiarire volta per volta di quale tipo di disagio si tratti.
Ad esempio, è comprensibile che in un periodo di stress dovuto agli effetti della recessione economica, si reagisca con un aumento della ricerca di stimoli nuovi, di esplorazione e di scoperta.
Oppure, è ragionevole che un periodo di grandi cambiamenti comporti una sorta di attivazione/disposizione verso il nuovo.
Nei due esempi proposti, oltre a cogliere l’utilità della cosiddetta risposta da stress, si capisce anche che la ricerca di conforto, inteso come consolazione protettiva, in alcuni casi può risultare fuori luogo o “disadattiva”, per richiamare un concetto evoluzionista.
Resta invece esemplare la scena del film sopra citata, dove il protagonista cerca consolazione affogando nella Nutella proprio nel momento in cui è “stressato” perché si rende conto di non riuscire a tollerare un momento di calda e rassicurante vicinanza protettiva con la donna che vorrebbe amare.
[Articolo citato su “Io Donna”, Settembre 2009]